Alfio Caruso
Tutti i vivi all’assalto
Longanesi & C., Milano 2003



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La 22° e la quota “Pisello” sono minacciate sin dall’alba del 19 (dicembre). La compagnia compie prodigi. Costituisce un problema perfino il rifornimento delle munizioni: per andarle a prendere bisogna farsi un bel tratto allo scoperto e sfidare la mira degli artiglieri nemici. Il Sergente Maggiore Rodolfo Senestro, con una temeraria sortita, salva il plotone del Tenente Pio Persico. Il Tenente Percivalle, gravemente ferito, è sostituito dal Tenente Menada, che affida il comando del suo plotone al Caporale Gallo. Proprio Gallo, con un contrassalto alla baionetta, interrompe l’avanzata di una colonna. In sedici ore di asprissimi scontri la compagnia perde due terzi degli effettivi, sono feriti o uccisi tutti gli ufficiali. La 22a resiste anche a una puntata di carri armati e, all’improvviso indietreggiare dei plotoni tedeschi, è sorretta dalla speranza di veder spuntare la Julia. A sera giungono le compagnie del Tolmezzo, avanguardia della divisione. Il loro apparire coincide con l’assalto conclusivo dei sovietici all’isolatissima 13a batteria di D’Amico. Gli artiglieri hanno marciato a piedi portando sulle spalle le cassette delle munizioni; resistono da ventiquattr’ore lungo il costone dirimpetto a Novo Kalitva, ma sono sfiniti e hanno le granate contate. All’eroismo della 22° si è accoppiato quello dei difensori del “Pisello”.

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Sparano tutti i pezzi del Saluzzo, sparano i cannoni del gruppo Pinerolo (Tenente Colonnello Ugo Lucca). Il Maggiore Boniperti, Comandante del Battaglione, impiega la 21a compagnia del Capitano Chiaffredo Rabo, richiama la 22a del Tenente Pietro Menada, in riposo a Staro Kalitva, manda in prima linea anche il plotone zappatori del Tenente Roberto Savoino. Niente, però, sembra fermare i sovietici. Superano il campo minato, superano il fossato anticarro, giungono davanti ai reticolati: cadono a grappoli sotto il fuoco delle mitragliatrici, ma non demordono. Per bloccarli il Sottotenente Stefano Ramello guida una carica con baionetta in una mano e bomba nell’altra. Gli scatenati soldati dell’Armata Rossa insistono: gli ufficiali urlano ordini al megafono, i soldati procedono con sprezzo assoluto della vita, vengono avanti per linee orizzontali come se stessero partecipando ad una esercitazione. Gli italiani fanno quasi un tiro al bersaglio, tuttavia la situazione resta in bilico. Un colpo di mortaio elimina gli artiglieri di un cannoncino da 47/32, il Tenente Leo Bombardini si precipita al pezzo: carica e spara da solo. Un pattuglione prova a infiltrarsi nella terra di nessuno, tra il caposaldo Vignolo e il Tolmezzo. Il Tenente Grignaschi, lì appostato, afferra il telefono per avvisare quelli della Julia: la linea purtroppo è muta. Allora uno dei suoi genieri, Gino Posocco, si avvia sulla Kalitva gelata per raggiungere le postazioni del Tolmezzo e avvertirli del pericolo. Insaccati nei cappotti che ne limitano i movimenti, sferzati dal terribile Vieter, il vento del nord-est siberiano, i cui soffi tagliano la faccia, immersi in un –38° che impedisce persino di parlare, gli alpini rimangono aggrappati alle posizioni. Si chiedono che cosa c’entrino con questa guerra a quattromila chilometri da casa. Che abbiano dinanzi dei senzadio, profanatori della religione e delle chiese, appare il misero sotterfugio di una stolta propaganda. Il magnifico comportamento del Saluzzo induce gli assalitori a concentrarsi nel settore della Julia.

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La colonna di Battisti arriva ad Annovka, venti chilometri prima di Popovka, soltanto al mattino. Il Saluzzo entra per ultimo in città alle 11,00: ha impiegato diciotto ore per coprire venticinque chilometri.

Alle 15,00 Battisti ordina alla sua schiera di riprendere il cammino. L’eccessiva calma esterna lo induce a predisporre la 22a del Saluzzo per la difesa dell’abitato sino all’uscita dell’ultimo alpino. Mossa previdente. Reparti regolari e partigiani cercano d’imbottigliare la retroguardia. Il comandante della compagnia, Tenente Menada, riesce a evitarlo, però si ritrova accerchiato. Un furibondo assalto all’arma bianca consente alla 22a di sgusciare via. Poco prima del buio la colonna Battisti s’attesta nel villaggio di Ivankov, non lontano da Popovka, alla quale si avvicina pure la colonna Manfredi. La Cuneense è già in affanno.

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Valujki

Sulle creste nemici ovunque. Ricagno viene subito portato a Valujki, si ritrova nella stessa stanza con Battisti e Pascolini. La loro cattività si concluderà soltanto nel 1950. Resiste il Saluzzo, ma è bersagliato dai cannoni, e nella sua direzione avanzano alcuni T34, sui cui scafi soldati e soldatesse cantano e ridono al suono di una fisarmonica. Gli alpini li prendono di mira, ne abbattono un bel po’, però scatenano la reazione dei micidiali carri armati. Il cannone da 76 e le quattro mitragliatrici pesanti sputano un volume di fuoco impressionante. Due ragazzi della 21a compagnia s’aggrappano alla coda, si issano fino alla torretta, alzano la calotta e buttano le bombe dentro. Saltano in aria insieme al mostro d’acciaio. Il Maggiore Amedeo Raselli, ultimo Comandante del Borgo San Dalmazzo, il Capitano Vittorio Ferraro, Comandante la compagnia comando del 2°, e il Tenente Pietro Menada della 22a non si danno per vinti. Con circa 50 alpini riescono a superare la ferrovia e il fiume Valuj, puntano su un boschetto, ma vengono individuati. Si riparano dietro una casa, tuttavia proprio dal boschetto esce uno squadrone di cavalleggeri con il sostegno dei blindati. Nella violentissima sparatoria cade il Maggiore Raselli. Il Capitano Ferraro e il Tenente Menada guidano un’assalto all’arma bianca, al quale in pochi sopravvivono per essere avviati verso un campo di prigionia.
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